TITOLO: LUCI CALDE
EDIZIONE: SOTTOCOSTO
RACCONTO
Marta si trovava nel suo angolo preferito della città, quel caffè
nascosto tra le viuzze del centro, dove l’aria sapeva di fiori di
ciliegio e il profumo del caffè tostato si mescolava con le note di
una melodia lontana. Era una mattina di maggio, e il sole si faceva
strada tra le foglie, proiettando ombre danzanti sui tavolini
all’aperto, dove la gente chiacchierava e sorrideva, ignara della
solitudine che lei portava nel cuore.
Da qualche mese, Marta aveva cominciato a scrivere un romanzo. O
meglio, aveva tentato di farlo. La sua mente era un labirinto di
parole e una ragnatela di emozioni, ma ogni volta che cercava di
mettere nero su bianco, si bloccava. Era come se le manchi una chiave
per aprire la porta dell'ispirazione, e questo pensiero la tormentava,
peggiorando la sua sensazione di impotenza.
Ma quel giorno, mentre sorseggiava il suo caffè macchiato, il destino
decise di riportarle un pizzico di magia. Un uomo si sedette al tavolo
accanto. Era alto, con i capelli scuri come la notte e un sorriso che
sembrava promettere avventure. Marta lo osservò di nascosto,
affascinata dalla sua presenza carismatica. Dopo qualche istante, lui
si accorse di lei e le porse un sorriso caloroso, un gesto semplice ma
carico di significato.
“Posso sedermi?” le chiese.
Marta annuì, il cuore che batteva più forte. Si presentò come Luca, un
scrittore in cerca di quiete per terminare il suo romanzo. La
coincidenza la stupì, una scintilla si accese tra di loro nel momento
in cui iniziarono a parlare. Le parole fluivano come l’acqua di un
fiume, e il tempo sembrava essersi fermato. Raccontarono i loro sogni,
le paure e le frustrazioni legate alla scrittura. Ogni risata
condivideva un pezzo di sé, e Marta si sentiva sempre meno sola.
I giorni si trasformarono in settimane, e la loro amicizia si fece più
profonda. Si incontravano nel caffè, passeggiavano nei parchi,
condividevano cene a lume di candela. Luca era diventato il suo
ispiratore, la sua luce. Ogni parola che le sussurrava rese la sua
scrittura più fluida, più vera. La sua anima sembrava nutrirsi della
presenza dell’altro, come una pianta assetata d’acqua in un giorno di
sole.
Ma con l’arrivo dell’estate, Marta iniziò a percepire una leggera
inquietudine. Le emozioni che provava erano più di una semplice
amicizia, e il suo cuore si trovava in conflitto con la ragione. Non
voleva rovinare ciò che avevano costruito, temeva che una confessione
potesse allontanarlo. Così, decise di tenere le sue sensazioni per sé.
Un pomeriggio, mentre erano seduti su una panchina nel parco, Luca
parlò di un'opportunità di lavoro che lo avrebbe portato lontano, in
una città diversa. Le sue parole colpirono Marta come un fulmine: il
suo cuore si strinse. La paura di perderlo si mescolava con il
desiderio di essere sincera. Ma cosa avrebbe dovuto fare? Rischiare
tutto? O continuare a vivere in questa dolce illusione?
La sera prima della partenza, la città brillava di luci calde e il
profumo dei fiori riempiva l’aria. Marta sapeva di dover parlare. Ma
quando si guardarono negli occhi, e quel silenzio tra di loro divenne
carico di significato, non ebbe il coraggio di rompere l’incantesimo.
Si abbracciarono, e quell’abbraccio sembrò durare un'eternità, come se
entrambi sapessero che quel momento sarebbe stato inciso nel loro
cuore per sempre.
Il giorno dopo, Marta lo vide partire. E mentre lo faceva, una parte
di lei si sentì svuotata, ma un’altra sapì che era stata fortunata a
vivere quel legame speciale. Decise di scrivere. Scrivere di loro, del
loro amore non detto, delle emozioni che attraversavano le sue parole
come un brivido. In quel momento, capì che le storie più belle non
sempre si concludono con un “felice per sempre”, ma con una dolce
malinconia che accompagna il ricordo di un amore che, seppur fugace, è
stato intenso e vero.
E così, sotto il cielo di maggio, Marta scrisse, lasciando che le
parole danzassero sulla pagina, come se parte del suo cuore fosse
rimasto lì con Luca, in quel caffè, in quella città che ora era
testimone di un amore che sfidava il tempo.
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